Sanremo sta divenendo col passare degli anni qualcosa di più di un semplice festival. Alcuni mesi fa è uscito un libro di un giovane ricercatore, Leonardo Campus, intitolato “Non solo canzonette”. Tesi del libro è che la storia di un Paese si può indagare e capire anche attraverso un festival di musica leggera come Sanremo. Di qui la duplice lettura che possiamo fare di uno spettacolo come Sanremo story: da un lato l’aspetto ludico e d’evasione con novanta minuti circa di canzoni che spaziano
dal “Grazie dei fior” di Nilla Pizzi fino ai “Volo”; dall’altro la possibilità di leggere in filigrana la storia della nostra complicata e bella Italia. Partiti dal romantico gorgheggio della Pizzi ecco i costumi cambiare col miracolo economico annunciato dall’entusiasmante e magrittiano “Nel blu dipinto di blu” di Modugno, passare dai pudori ritrosi di Gigliola Cinquetti alla “Maledetta primavera” della Goggi, dalle malinconie di Tenco alle rabbia allegra di Rino Gaetano fino ad arrivare a ridosso degli anni Ottanta con le incursioni di Vasco Rossi, Zucchero, Tozzi, Morandi, Ruggeri…
Insomma ce ne sono di cose da vivere e rivivere, situazioni e momenti che come una madeleine proustiana ci fanno riannusare il tempo perduto. Si affianca all’elemento canoro il tono scherzoso degli sketch degli stessi cantanti-attori che corrispono ai bravissimi Emanuele e Stefania Fresi con Toni Fornari, accompagnati in scena da Mimmo Sessa, Cristiana Polegri e Michele Ranieri. La re-gia è di Toni Fornari che ha scritto i testi insieme ad Augusto Fornari, Andrea Maia e Vincenzo Sinopoli. Il pubblico ha applaudito con entusiasmo l’esibizione.
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