Un palcoscenico intriso di eros, malato, sadico e brutale.

In scena quattro travestiti e un trans, tre fate e un deus ex-machina.

Emma Dante, con la sua nuova pièce dialettale, su cui cala oggi il sipario al CRT di Milano, presenta, con tutta la sua potenza immaginifica, una Palermo ferita, violenta, che si mostra come un frutto decomposto, dalla polpa ammorbante e “fitusa”.

L’urlo militante con cui dichiara la lacerazione e la tragica solitudine di cinque “puttane” (le pulle, in palermitano) scuote anche i più restii in sala.

Il cinismo, infatti, è portato all’estremo limite. E non è possibile rimanere insensibili.

Le vicende sono quelle di Ata, Stellina, Moira, Rosi e Sara. Che si raccontano, che ripercorrono la “notte bianca” nella quale, ancora ragazzini, hanno perso in modo raccapricciante la loro innocenza, il loro corpo.

I loro movimenti sono ripetitivi, inceppati, automatici. Sono il sintomo di un disagio reale, il simbolo di un meccanismo più grande, più ampio.

Ed ecco che allora la Dante ostenta, con tutta la sua esuberanza d’artista, un universo d’avanguardia, alla Hieronymous Boch. Tra ninnananne e musica techno, le immagini diventano quelle dell’inconscio, della colpa, dell’inferno subìto.

Improvvisamente compaiono padri, madri, corpi senza busto, scarpe da inchiodare, bambole gonfiabili.

I travestiti divengono madonne sfortunate, per destino e luogo di nascita.

I sipari, adibiti a vele, scompongono i tableaux vivants . Li alternano, li scandiscono, li nascondono a colpi d’ascia.

Il bordello color damasco (borghese, cattolico e altrettanto dispotico) lentamente svela ferite e miraggi di umanità e normalità.

La riconquista dell’ identità e l’agognata condizione femminile, mai raggiunta, sono lo scopo delle pulle. La riconciliazione con le famiglie e il matrimonio rappresentano le loro più amabili aspirazioni.

Ma nel teatro di Emma Dante, di profonda bellezza, lo smascheramento e l’assurdità di qualsiasi sogno raggiungono il massimo vertice.

L’inadeguatezza e il senso di fatalità non si possono cancellare.

E gli attori, che si concedono totalmente ai voleri della regista, lo interpretano in maniera efficace e magistrale: lasciandosi manovrare, diventando marionette. Nevrotiche, ossessive, nichiliste.

Mutano in “uno stormo di cigni, (…) bianchi, purissimi”, a cui non resta che recitare dolorosamente “l’inno alla minchia”.


Testo e Regia: Emma Dante; Con: Elena Borgogni, Sandro Maria Campagna, Sabino Civilleri, Clio Gaudenzi, Ersilia Lombardo, Manuela Lo Sicco, Carmine Maringola, Chiara Muscato, Antonio Puccia; Testi delle canzoni: Emma Dante; Musiche originali: Gianluca Porcu alias Lu; Scene: Emma Dante e Carmine Maringola.

CRT Teatro dell’Arte, viale Alemagna, 6. Milano (MI). Tel. 02.88.12.98

 

Valentina Giordano
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