In prima milanese, debutta con la regia di Paolo Bignamini e la traduzione e l’adattamento di Fabrizio Sinisi, L’annuncio a Maria, dramma “umano e sovraumano”, scritto nel 1912 dallo scrittore francese Paul Claudel poco dopo la sua conversione, anomalia nel teatro europeo del Novecento e testo di grandissima concentrazione poetica, tra i più rappresentati con stupore del suo stesso autore e da tempo assente dalle scene italiane, ambientato in un Medioevo storicamente preciso e nel contempo indefinito.
Dopo la date a Bergamo, nell’ambito del festival deSidera, il teatro nei luoghi più insoliti e suggestivi della provincia bergamasca, arriva a Milano, al Teatro Litta, questo lavoro profondo e radicale, un apologo sul corpo, testimonianza di un cristianesimo che non rinuncia mai a misurarsi con la concretezza dell’esistenza umana. Nell’adattamento di Fabrizio Sinisi, già dramaturg di Lombardi/Tiezzi, i personaggi si riducono a sei: tre uomini e tre donne in una perfetta simmetria tutti coinvolti in uno “scandalo”, un fatto imprevisto e decisivo, rispetto al quale sono chiamati a dare una risposta, a prendere una posizione: Pietro di Craon, grande costruttore di cattedrali e genio che interpreta il cuore del suo popolo, Anna Vercors, anziano possidente che tutto sacrifica per andare in pellegrinaggio in Terra Santa, la dolcissima Violaine, sua giovane figlia, che umile e lieta abbraccia la vita con semplicità e fiducia pur dentro le più atroci contraddizioni, Giacomo, l’uomo giusto, che calcola tutto e perciò non riesce a percepire il mistero. In un Medioevo dove regna una confusione in cui si rispecchia tutto il nostro presente: la crisi dell’economia, il disfacimento della società, la disgregazione delle evidenze anche più elementari. In questo orizzonte così lontano nel tempo eppure così vicino nei fatti, si svolge una vicenda dura, straordinaria e dolorosa di una famiglia in cui l’annuncio sta nel destino che ti interpella, che ti interroga, chiede di te. E l’allestimento evidenzia proprio questo dramma, questa origine misteriosa da cui muoveogni gesto libero dell’uomo, e che sgorga nella storia sempre come il ribattere a un’iniziativa: il rispondere a un appello da cui tutta la vita dipende.
<<L’annuncio a Maria – spiega il regista Paolo Bignamini – è un testo controverso: la passione quasi febbrile con la quale molti vi si sono accostati nel Novecento ha contribuito all’aura del testo, ma ne ha al contempo cristallizzato i contenuti, le interpretazioni, le suggestioni culturali. Leggere con un distacco culturale e temporale questa drammaturgia consente oggi, forse, di ottenere un risultato sorprendente: più ci distanziamo dalla sedimentazione, e più ci appaiono veri e vicini i personaggi del testo. Questa verità, fatta di contraddizioni, emerge in particolare nelle figure più provocatorie del dramma, quelle il cui comportamento è leggibile alla luce di categorie che stanno al di fuori e oltre l’umano. Infatti Violaine, Anne Vercors, Pierre di Craon, se privati della loro dimensione – per così dire – “verticale”, ci risultano dolorosamente incongruenti. Scelgono, in contrapposizione agli altri personaggi del dramma, una strada rischiosissima che appare di difficile comprensione ai più. Ma proprio questa loro “incomprensibilità” è quanto di più contemporaneo ci possa essere: una non-commensurabilità che sfida il senso comune e genera in noi un doloroso presagio nel quale specchiamo la nostra incompiutezza, e quindi noi stessi disperati, indefiniti, imperfetti. Sono questi i sentimenti che pervadono il “Medioevo di convenzione” nel quale l’autore ambienta la sua narrazione, un tempo di incertezza, oscurità e spaesamento che non può non ricordare la nostra contemporaneità. Un tempo che abbiamo immaginato senza luce, un mondo nel quale il sole tarda a sorgere, e la notte persiste al di là di ogni ragionevole alternanza con il giorno. Ci resta una luce piccola e fioca, quella delle stelle, alle quali dobbiamo tenacemente voler credere…>>
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