Colorata, disordinata, frastornata. Addormentata su una panca e poi bruscamente svegliata dal suono del cellulare. La protagonista di “Best Of” piéce di Haresh Sharma è in fondo simile ad ognuna di noi. Gestisce come può una vita complicata, destreggiandosi tra un matrimonio agli sgoccioli, un divorzio difficile da ottenere, un cugino in galera e la mamma ammalata. Ma soprattutto, cammina in bilico tra la modernità di una metropoli occidentale, che, alle sue spalle, si sveglia e si addormenta innumerevoli volte, e una cultura antica e piena ancora di vincoli e contraddizioni.
Perché lei, non ne sapremo mai il nome, è malese, ha studiato, lavora. E’ figlia della globalizzazione e della multiculturalità. Eppure non riesce ad ottenere il divorzio da un marito che approfitta di una legge antica per negarle una nuova libertà e deve ricorrere alle minacce di un cugino delinquente dal quale si fa difendere. Perché lei è donna e da sola non ce la fa. Ma proprio perché donna, è più forte di tutti. Quando la mamma deve tornare in ospedale, manda via il padre e resta al suo fianco, fino all’ultimo. Piena dei suoi colori che la fanno assomigliare ad un fumetto. Armata di ironia, candore, compassione. “Best Of” è il primo testo di questo drammaturgo di Singapore ad essere stato tradotto in italiano e ha debuttato in forma di studio al Piccolo Teatro Grassi di Milano nel settembre dello scorso anno nell’ambito del XIV Festival Tramedautore. In scena Elena Ferrari, diretta da Tatiana Olear, regala al suo personaggio una grandissima umanità. Quella che le consente di passare dall’ironia al dramma, addentrandosi nei meandri di un testo che, proprio come la vita, alterna registri diversi e una grande varietà di situazioni. Elena Ferrari ci regala una bella prova d’attrice duttile ed empatica. Nel corso del lungo monologo ride e piange, ricorda e spera, si rifà il trucco, mangia un panino, risponde al telefono, fruga nella borsa, si sveglia e si addormenta. Una divertente coreografia di gesti quotidiani in cui ognuno di noi può riconoscersi. Come non possiamo fare a meno di riconoscerci in lei. Così unica, così normale. Oggi l’ultima replica, ma speriamo di rivederla presto.
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