Vi segnalo questo film, che è stato accolto molto calorosamente dal pubblico della Berlinale. Si tratta di qualcosa di sperimentale: un incrocio tra il documentario e la fiction. All’inizio si ha l’impressione di assistere ad alcune sedute di terapia di coppia (un tema caldo al momento).
Sulla scena si alternano tre coppie di età diverse, con problemi che rispecchiano il rapporto in tre diverse fasi della vita. Una coppia sta insieme da poco tempo quando lei scopre di essere stata tradita dal compagno e nello stesso tempo di essere incinta. L’altra è formata da due anziani. Sono lì perché lei ha tentato il suicidio. La terza, quella in grado di trasmettere più ansia, è una coppia di artisti, la cui crisi coniugale è coincisa con la nascita del loro secondo figlio. Insomma niente di nuovo sotto il cielo.
I terapeuti che li seguono sono diversi e nella vita esercitano effettivamente questa professione. Il film alterna le sedute con alcune scene nelle quali le situazioni vengono riproposte, come se fosse un esercizio di ‘Gestalt’, molto ispirate al cinema di von Trier (Dogville). Il regista, arrivato solo solo nel cinema con quella semplicità e scarsa prosopopea tipica degli artisti tedeschi (tutta all’opposto dei divi nostrani o a stelle e strisce) spiega a posteriori che le coppie erano costituite da attori. Questi avevano solo un ‘canovaccio’ come trama e perlopiù hanno improvvisato. Siccome per tutto il tempo si aveva l’impressione di assistere ad un documentario, il pubblico davanti alla rivelazione rimane stupefatto. La bravura di questi attori è così evidente da sopraffare.
Naturalmente il girato è stato molto e il regista ha poi deciso i tagli, che lo hanno portato per esempio a eliminare del tutto una coppia e a scegliere tra diversi finali. Altra piccola sorpresa. Trattandosi di un film a super low budget, i terapeuti sono stati pagati quanto avrebbero ricevuto per normali sedute e hanno partecipato soprattutto per un interesse personale al progetto nel loro tempo libero. Spiegato tutto questo, il regista viene premiato da un secondo calorosissimo applauso. Raccoglie il suo cappotto, buttato lì sulla prima fila, si infila un cappello di lana, perché a Berlino è freddo, e se ne va, mescolandosi tra la gente comune, freneticamente in giro per la città a caccia – non senza speranza – di emozioni per le vie gelide.
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