“7 minuti” è lo spettacolo che è in scena fino a domani al Piccolo Teatro Strehler di Milano. Protagonista assoluta dello splendido testo di Stefano Massini è Ottavia Piccolo, che dotata di grande intelligenza interpretativa si cala nei panni della Delegata del Consiglio della fabbrica Picard & Roche. 

 

La pièce, con la regia di Alessandro Gassmann, è la messa in scena di una vicenda tratta da una storia vera che vede l’acquisto di una vecchia azienda da parte di una multinazionale. Il cambio gestione inizialmente sembra non provocare licenziamenti e tagli delle risorse interne, ma l’accordo vuole che ogni operaia possa continuare a lavorare solo rinunciando a 7 minuti della propria pausa pranzo. 

Bianca, insieme ad altre dieci rappresentati delle lavoratrici dell’intera fabbrica tessile, dà inizio ad un intenso dibattito che innesca numerose reazioni. Le undici donne, diverse per generazione, esperienza e provenienza vivono lo scacco del ricatto dapprima come una normale reazione alla crisi da parte della Picard & Roche, per poi commutarlo in un serio motivo di scontro tra loro.  

Lo spettatore assiste ad un gioco pericoloso: Bianca sembra essere l’unica che, responsabilmente, tenta di ragionare sulla strana richiesta, per concludere che il guadagno dell’azienda su un calcolo finale è quello di ottenere 600 ore gratuite di lavoro in più. Le altre, in toni più o meno conflittuali, rispondono con un’unica paura: quella di perdere l’impiego. Via via si innesca un botta e risposta che diventa incontrollabile e che scava nella rabbia, che distrugge qualsiasi idea di solidarietà, per sfociare nella totale mancanza di fiducia di alcune di loro verso Bianca. 

La precarietà e l’angoscia fanno sì che la maggior parte delle operaie si consegnino a quella che con evidenza è una delle tante logiche di sfruttamento dei nuovi colossi industriali, con l’obiettivo di minare gli ultimi diritti di un lavoratore. Bianca tenta più volte di far comprendere che far rivalere la propria pausa significa mantenere condizioni alla pari, far leva sulla dignità del proprio contributo lavorativo e essere da esempio per tutti gli altri. Inutile dire che al “si salvi chi può”, però, la votazione alla clausola dettata dalla azienda da parte delle lavoratrici sarà piuttosto prevedibile. 

“Ci sono storie che ti vengono a cercare” – afferma Massini – “una di queste ha raggiunto me e ha riempito i giornali d’Oltralpe. (…) Ma in quale modo raccontare in teatro tutto questo? Il dibattito fra quelle undici donne, diversissime, è in fondo il sismografo di un inizio secolo iper-contradditorio in cui la bussola del lavoro sbanda impazzita”.

Specchio feroce e molto amaro, “7 minuti” , grazie anche ad una regia attenta, ci ricorda ancora una volta che il lavoro è uno dei diritti fondamentali per cui più nessuno lotta. 

 

Valentina Giordano
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