“La Sicilia non è una regione, è un mondo, un gioco fatto di orgoglio e passioni viscerali, di rispetto e dispetto, di amore per la carne e per l’anima che spesso ne è  soggetta, pur non ammettendolo mai …

La Sicilia è una terra meravigliosa di cui si va orgogliosi e di cui a volte si è vittime designate in quanto terra rapinosa e insostituibile, rancorosa e rigogliosa, dove la morale spesso è sostituita dalla  fede che tutto sistema e perdona”. Così il regista Giancarlo Sepe introduce la sua ultima opera “Il Bell’Antonio” dal romanzo di Vitaliano Brancati, in scena da ieri al Teatro Manzoni di Milano. La bella e attenta trasposizione di Antonia Brancati e Simona Celi esalta e rende centrali le psicologie, i personaggi e le peculiarità del mondo a cui appartengono. Non solo la Sicilia, finalmente liberata da facili stereotipi, ma l’Italia intera, fotografata in un momento cruciale: gli anni del fascismo fino allo scoppio della seconda guerra mondiale. La scena è in penombra, un pesante drappo di velluto ruota attorno ad un obelisco in pietra, scandendo il tempo, frazionando lo spazio, separando e congiungendo momenti e stati d’animo. L’atmosfera è funerea, “quasi un
funerale ridicolo ai valori materiali della vita” come lo definisce lo stesso Sepe. La tragedia di Antonio non è l’incapacità di amare, ma l’esser vittima di menzogne e stereotipi che lo incastrano e lo condannano. Intollerabilmente bello, ma privo di qualsiasi talento, è a torto creduto potente perché vicino a Mussolini e altrettanto erroneamente porta cucita addosso una fama di “sciupa femmine” tanto perniciosa quanto lontana dal vero. Reso celebre dall’interpretazione di Mastroianni
e dalla regia di Bolognini, nell’opera di Sepe Antonio ritrova la sua vera essenza, quella di un uomo dolente e indolente, pretesto per una critica lucida di un intero contesto storico e sociale, per la condanna dolorosa e spietata alla società, alla storia, agli uomini, alla chiesa, alle convenzioni, alla insensata esaltazione della virilità che sottomette i sentimenti, la logica e la compassione. Attorno a lui si consuma il dramma di due potenti famiglie e di due patriarchi arroganti, mentre sullo sfondo ci sembra di sentire le voci della folla di via Etnea, quasi un coro invisibile. In scena una compagnia di attori bravi e affiatati: Andrea Giordana, Giancarlo Zanetti, Luchino Giordana, Elena Calligari, Simona Celi, Michele Dè Marchi, Natale Russo, Alessandro Romano e Giorgia Visani. Una bellissima occasione per riassaporare la bellezza del romanzo di Brancati, il suo splendido uso del linguaggio, la sua capacità di raccontare storie e disegnare indimenticabili personaggi.

Fino al 26 gennaio.

Gloria Bondi
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