John May è un uomo solitario, sensibile, rigoroso. Impiegato presso gli uffici comunali del suo municipio, ha il compito di rintracciare parenti e amici di persone morte in solitudine. Per farlo ne ricompone la storia, ne visita le case ormai vuote, ne decodifica manie e piccole abitudini. Poi organizza il funerale con attenzione e compassione. Seleziona la musica più adatta, scrive i discorsi, acquista i fiori e spesso si trova, solo, a presenziare alle esequie di chi, solo, è andato via. Per John May tutto questo non è un semplice lavoro, ma un insieme di gesti di misericordia dovuti e compiuti con amore.

Intorno ad essi si compone la sua vita solitaria, tranquilla, meticolosamente ordinata e abitudinaria. Un giorno, però, viene convocato dal suo superiore che, senza mezzi termini, gli annuncia che a causa di un ridimensionamento dello staff, May perderà in pochi giorni il suo lavoro. Unica concessione, poter chiudere l’ultima pratica, quella relativa alla morte di William Stoke, un uomo morto alcolizzato, dopo aver vissuto una vita intensa e burrascosa. Proprio quest’ultima pratica riserverà all’impiegato tante sorprese e anche un ultimo, dolcissimo regalo della vita.

“Still life”, scritto, diretto e prodotto da Uberto Pasolini è un film splendido, poetico, che ci racconta una storia unica utilizzando un linguaggio essenziale, asciutto e rigoroso. Nulla è di troppo e niente è lasciato al caso. Ogni dialogo, ogni scena, ogni immagine è una gemma perfetta. Il protagonista, Eddie Marsan, ci regala una interpretazione lirica e intensa, disegnando con cura il ritratto di un uomo gentile, capace di andare oltre i limiti sociali, temporali e geografici  per prendersi cura perfino di chi non ha conosciuto. John May è un esempio di pietas che brilla in un mondo sempre più incurante dei vivi e dei morti, intossicato dal più rozzo materialismo. Un essere sospeso, che conquista la nostra tenerezza e ci insegna quanto straordinaria può essere una vita normale.

Splendido, poetico, da non perdere.

Gloria Bondi
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