Due attori. Uno, Gauthier, bello e assai popolare grazie al ruolo di protagonista in una fiction di grande successo. L’altro, Serge, lontano dalle scene da anni a seguito di una brutta depressione, vive dimenticato in una vecchia casa a l’Île de Ré. Il primo, desideroso di un salto di qualità che sempre gli è stato negato, cerca il secondo perché lo aiuti a realizzare il sogno di una vita: mettere in scena il Misantropo di Molière, caposaldo del teatro francese, terrifico banco di prova di ogni attore.
Serge pone le sue condizioni. Qualche giorno di prove a due, isolati dal mondo, per capire se il progetto sia fattibile. Gauthier accetta e così, tra corse in bicicletta e sfinenti sessioni di prova, scambiandosi a vicenda i ruoli di Alceste e Filinte, i due danno vita ad un appassionante testa a testa in versi alessandrini. Narcisi, egoisti, vanagloriosi Serge e Gauthier mettono in scena, in realtà, il loro stesso modo di essere. Gauthier, viziato dal successo, asseconda i capricci del compagno per arrivare alla meta. Serge, da vero misantropo, scorbutico e irremovibile, gioca con l’altro come un gatto con il topo, prendendo tempo, facendosi desiderare, consapevole del potere che forse per la prima volta ha la possibilità di esercitare su un suo pari.
A poco a poco i due paiono avvicinarsi. Ma proprio quando sembra che la comprensione e perfino una scintilla di amicizia stia nascendo, ecco che l’apparizione di una bella donna italiana appena uscita da un burrascoso divorzio, capovolge di nuovo gli equilibri della coppia, trascinandoli verso un – forse – inevitabile disastro.
“Molière in bicicletta” di Philippe Le Guay è un’opera delicata, di rara eleganza. Una vera gioia per chi ama il teatro e anche il buon cinema. I due protagonisti, Fabrice Luchini nel ruolo di Serge e Lambert Wilson in quello di Gauthier, sono davvero formidabili e perfettamente compatibili. Completa il trio la bella e temperamentosa Maya Sansa che è sempre piacevole ritrovare. Cullati dalla musicalità dei versi prediletti da Molière, ci lasciamo trascinare verso la catastrofe finale, godendo di ogni attimo di una storia lieve, tutta giocata sugli scarti d’umore e sulle sfumature linguistiche. Fa da sfondo la bellezza aspra e abbagliante dell’Île de Ré, un lembo di Francia inedito, autentico e sorprendente.
Alla fine nessun vincitore. Gauthier porterà in scena da solo il Misantropo, crollando davanti al suo pubblico proprio la sera dell’attesissima prima. Pagando con il fallimento l’incapacità di metter da parte il suo narcisismo. L’altro, integro e granitico fino in fondo, si erge, solitario e incorruttibile sacerdote dell’arte teatrale.
L’ultima immagine di Serge, che su una spiaggia deserta recita i versi amati di fronte al mare, è l’emblema stesso dell’autentico misantropo, condannato alla solitudine dall’incapacità di guardare ai propri simili con sguardo generoso e occhi compassionevoli. Da non perdere.
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