“Pier Paolo Pasolini era un artista, capace di essere un poeta ma anche un profeta, di capire questa povera Italia come pochi hanno saputo fare. Sono orgoglioso di aver lavorato con lui e di essere stato l’artefice del suo debutto cinematografico.

Ritorno in me. Lontano dal mondo, qui, con attorno i ricordi di una passione bruciante, vitale. Rimarranno le foto, le immagini, i ricordi e io resterò fino a quando mi sarà concesso”. Così Alfredo Bini, noto produttore italiano, si congeda e saluta la vita al termine del suo viaggio, all’interno del documentario che lo vede ritratto da Simone Isola, regista classe ’82.
“Ho conosciuto Alfredo Bini pochi mesi prima della sua scomparsa; era un simpatico “guascone”, ancora pieno di vitalità nonostante un vissuto ricco di esperienze, con luci e ombre.
Ho passato un pomeriggio con lui, poi un paio di telefonate.
Era contento che qualcuno si interessasse al suo lavoro e alla sua figura di produttore. L’idea del film” aggiunge Isola ” è nata due anni dopo la sua morte, nel 2012.”
“Alfredo Bini, ospite inatteso” è un documentario ben fatto: incuriosisce e non stanca mai. Riesce pienamente nel tentativo di sottolineare il coraggio e la storia mai banale di un produttore che, per quanto scomodo, ha contribuito a decretare il successo del cinema d’autore.
Il film si avvale della partecipazione e dell’intervento di alcuni dei collaboratori più stretti del noto produttore che, in modo a tratti tenero a tratti nostalgico, delineano il mosaico della vita di Bini e dei suoi 50 film prodotti. Bini esordì con “Il bell’Antonio”, produsse il primo film di Pasolini “Accattone” e virò negli anni ’70 verso un cinema “erotico”, dopo che alla sua filmografia si aggiunsero i nomi di Bresson e Chabrol.
“L’incontro tra Bini e Pasolini”, aggiunge Simone Isola “genera film che riescono a unire granda validità culturale al successo commerciale, un binomio oggi piuttosto raro. A questi risultati segue per Bini un periodo lento ma di inesorabile declino. Lentamente iniziano le difficoltà economiche, legate alla censura, alle cambiate condizioni del mercato. E forse alla delusione per un matrimonio finito, come suggeriscono molti testimoni.
L’obiettivo di questo documentario è quello di andare “oltre” il tradizionale film biografico, costruendo il racconto con uno stile composito, che mescola in ritmo serrato insoliti inserti di “fuori scena” con interviste e repertori di tipo tradizionale”.
La pellicola, prodotta da Kimerafilm, Axelotilfilm e Istituto Luce, proiettata alla Mostra del Cinema di Venezia di quest’anno all’interno della sezione Venezia Classici, probabilmente uscirà in qualche sala italiana entro pochi mesi. O così, almeno, ci auguriamo.

Valentina Giordano
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