Dall’album dei ricordi di Scola: “Che strano chiamarsi Federico”

In occasione del ventennale della scomparsa di una delle più imponenti figure del cinema italiano, Ettore Scola omaggia l’ amicizia con l’autore de La dolce vita.

 

Il tempo del racconto non sempre segue l’esatto ordine cronologico dei fatti. Il film intreccia ricordi personali e materiale di repertorio, ricostruisce l’arrivo di Fellini a Roma, il suo ingresso nella redazione del Marc’Aurelio come vignettista e l’ingresso nel mondo del cinema.

Successivamente il film cambia prospettiva ,offrendo il ritratto di un Fellini adulto e famoso: i suoi le corse notturne in auto, le scorribande nelle notti romane insieme a Scola: Due giovani che sanno godersi l’incanto e lo stupore delle notti romane. All’interno della narrazione il regista riesce ad inserire, con astuzia, la vera voce di Fellini e, quindi, il suo pensiero.

La narrazione, rigorosamente in terza persona ,va ben oltre la mera operazione nostalgica. Il ritratto predilige il tono ironico e scanzonato, che meglio si adatta all’immagine del protagonista: un genio eccentrico, un novello Peter Pan che ha avuto il dono di poter guardare il mondo con gli occhi di un bambino.

L’unica nota malinconica si ritrova nel finale: un tributo ad un grande artista, una carrellata di sequenze delle sue opere più famose, scelte con cura e affetto da un amico.