In un elegante e perfettamente organizzato resort, incastonato in una vallata tra le alpi svizzere, persone di età ed estrazione diverse trascorrono un periodo di riposo, lavoro e remise en forme. Tra di esse ci sono Fred Ballinger (Michael Caine) un famoso compositore e direttore d’orchestra in pensione e sua figlia Lena (Rachel Weisz). C’è il suo amico di sempre, nonché consuocero, Mick Boyle (Harvey Keitel) che è invece un regista ancora in attività ed è andato lì con il suo staff di giovani sceneggiatori per ultimare il copione del film destinato ad essere il suo testamento spirituale. C’è Jimmy Tree (Paul Dano), un giovane attore che, nonostante la brillante carriera, continua ad essere ricordato solo per il ruolo di un robot.

 

E poi ancora Diego Armando Maradona obeso e affaticato, con uno strampalato tatuaggio di Marx sulla schiena, un piccolo violinista, una improbabile miss universo, coppie silenziose, un barbuto scalatore ermetico ma dal cuore romantico, una giovane massaggiatrice che nel chiuso della sua stanza si trasforma in una ballerina scatenata. Lo scorrere tranquillo delle giornate è però interrotto da una serie di eventi. Un emissario della regina di Inghilterra insiste perché Ballinger torni a dirigere le sue “canzoni semplici” in occasione del compleanno del principe Filippo. Il finale del film di Mick non si trova e alla fine la star tanto attesa, Brenda Morel (strepitoso cammeo di Jane Fonda), viene ad annunciare che lei il film non lo farà perché preferisce accettare una parte in una serie televisiva. Il marito di Lena, Julian, la lascia alla vigilia di un viaggio per una improbabile cantante, Paloma Faith.

Youth, il film di Paolo Sorrentino, che arriva dopo l’Oscar de La Grande Bellezza, vuole essere una grande, filosofica dissertazione sul senso della vita, sul tempo che passa, sulle età, sul passato e sul futuro, sui rapporti familiari, sulla morte e sull’amore. E Sorrentino fa tutto questo a modo suo, restando sospeso tra realtà e finzione, lasciando che i sogni invadano la realtà dei personaggi in una osmosi continua tra ciò che li circonda e ciò che è dentro di loro, tra la malinconia degli anni che stanno vivendo e la fantasia che non conosce lo scorrere del tempo. A metà tra La Montagna Incantata e il Fellini più visionario, Sorrentino narra attraverso i dialoghi e soprattutto attraverso le immagini, bellissime ed evocative come sempre. Ma questa volta sembra non riuscirci fino in fondo. La sensazione è che non riesca a dire tutto o non riesca a dirlo del tutto e il film a tratti seduce e a tratti arranca lasciandoci in fondo insoddisfatti. Si gode delle interpretazioni di un cast davvero sontuoso, poi a momenti si sfiora la noia.

Si chiude con il concerto che alla fine  Ballinger accetterà di dirigere come atto liberatorio e catartico rispetto al suo passato, con Viktorija Mullova e Sumi Jo nel ruolo di loro stesse. Un piccolo regalo ai melomani a cui in parte il film è dedicato.

Gloria Bondi
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