Di qua l’acciaieria, di là l’ isola d’ Elba, luogo sognato con le sue spiagge segrete. In mezzo l’amicizia di Anna e Francesca, che vivono la loro adolescenza con tutte le loro difficoltà. 

Crescere e coltivare il loro sentimento è l’unico modo per rimanere innocenti e per non farsi inghiottire dalla periferia operaia. E un giorno l’amore arriva, con tutta la sua violenza, spezzando legami e ideali. 

“L’adolescenza è un’età potenziale”, dichiara Silvia Avallone, l’autrice dell’omonimo romanzo, da cui è stato tratto il film di Stefano Mordini “Acciaio”, presentato ieri sera all’interno della rassegna “Giornate degli Autori” alla 69esima Mostra del Cinema di Venezia.

“Insieme a lei abbiamo intrapreso questo viaggio”, interviene il regista. “Attraverso i ricordi della sua adolescenza, i racconti dei suoi amici, che a diciotto anni dalle aule delle scuole tecniche venivano proiettati direttamente in fabbrica senza aver conosciuto il resto del mondo, siamo entrati dentro a quei cancelli e abbiamo imparato a conoscerle per nome, a capire che ruolo svolgessero attraverso la catena dell’acciaio, che non esiste in natura”.

“Silvia, attraverso Anna e Francesca”, prosegue, “ci ha raccontato i tormenti delle madri, le fatiche dei padri lavoratori. Quei padri che hanno creduto che la fabbrica ci sarebbe stata anche dopo di loro e che, con questa certezza, in un modo o nell’altro, sarebbero stati ripagati della loro fatica assicurando un lavoro per i figli di tutti. Una certezza delusa, mancata.

In acciaieria, in mezzo a fuochi e fumi delle polveri che appesantiscono le spalle, un giovane uomo ci confida di essere felice del suo posto di lavoro.” Ma la prospettiva via via cambia, poiché la realtà è quella dell’odio e dell’amore per gli stabilimenti in cui viene ribadita l’identità operaia.

“Le grandi cattedrali che evidenziano l’orgoglio per la qualità del prodotto, lo spaesamento per le notizie che si rincorrono sulla proprietà e le proteste sulle politiche del territorio fanno sì che Alessio (Michele Riondino) si impegni a mantenere tutto fermo. Resistere, restare, assumersi le proprie responsabilità è la sua forma di ribellione”.

 

Valentina Giordano
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