Claire e Stephane sono due giudici. Lei è giovane, idealista, appassionata. Lui è un veterano della professione, carismatico, esperto e solo apparentemente disincantato. Insieme hanno una battaglia da combattere, quella contro le società di credito al consumo che, con la malcelata connivenza della “giustizia”, strozzano i piccoli creditori, incastrandoli con contratti insidiosi e l’illusione di prestiti facili.

 

Ma questo è solo uno dei temi del bellissimo “Tutti i nostri desideri” del francese Philippe Lioret, liberamente tratto da “La mia vita senza me” di Isabel Coixet.  C’è anche il dramma di Claire che scopre di avere i giorni contati a causa di un male implacabile e sceglie di non rivelarlo al fragile marito che non reggerebbe il colpo. C’è la battaglia di Celine, povera e indebitata, ma che lotta per difendere la propria dignità e la serenità dei suoi figli. C’è soprattutto l’incontro inatteso e sorprendente tra i due giudici, apparentemente così diversi, eppure capaci di condividere una battaglia che per lei sarà l’ultima  e di coinvolgersi in una amicizia che sfiora così tanto l’Amore da sublimarlo, forse, nella capacità di desiderare insieme un mondo più giusto. Il film di Lioret, scritto a quattro mani con Emmanuel Courcoul conferma il talento del regista di Welcome, così come la sua vocazione e la sua abilità nell’intrecciare la denuncia sociale a temi più intimistici e privati. Il risultato è ancora una volta un film doloroso, improntato al più rigoroso realismo, senza fronzoli, senza nulla di superfluo. Alle ragioni del pietismo non concede nulla. Ma scatena una empatia tra i personaggi e il pubblico a cui è davvero difficile sottrarsi. Tra gli interpreti spiccano, intensi, i due protagonisti: Marie Gillain e lo stropicciato, carismatico Vincent LIndon. Un film bello e importante che squarcia un velo sul dramma di molti e ci insegna che spesso i veri eroi  sono persone normali, ma capaci di compiere, nella banalità del quotidiano, imprese straordinarie.

Gloria Bondi

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