È il pomeriggio di Domenica 18 gennaio, la sala del Teatro della Cooperativa è gremita di persone. Si tratta di un pubblico eterogeneo per quanto riguarda l’età, sono tutti raccolti ai loro posti dopo una lunghissima fila al botteghino data la cospicua affluenza in via Hermada 8.

Lo spettacolo tarda un po’ a cominciare, probabilmente per via di alcuni accorgimenti tecnici, ma in sala non si avverte la noia tipica che accompagna l’attesa, bensì c’è una tranquilla curiosità E’ quasi come se si volesse concedere del tempo in più per fare in modo che la rappresentazione possa essere preparata al meglio.

Improvvisamente l’annuncio: ” lo spettacolo sta per avere inizio”. Scende in sala un rispettoso silenzio, contemporaneamente le luci si abbassano ed ecco……” Qui città di M.”

Non so se con poche righe si possa rendere giustizia a ciò a cui il pubblico, per due ore filate,ha avuto il privilegio di assistere.

È il caso di dire che la rappresentazione si è tramutata in perfezione, ci sono state risate e lacrime, occhi sgranati e orecchi tesi a carpire ogni sussurro, il teatro in tutta la sua grandezza ha preso vita grazie al volto e la voce di Arianna Scommegna, li testo di Piero Colaprico, la regia di Serena Sinigaglia, e la smisurata maestria di tutto il comparto tecnico e scenografico.

“Qui città di M.” racchiude tutto già a partire dal titolo.

Quella “M” puntata è un’abbreviazione collettiva, che si dischiude nel corso della pièce e diventa il principio di molte cose: Milano, mostro, merda, madre, si trasforma in continuazione come la protagonista, nonché unica interprete, che salta da un personaggio all’altro con la lucida schizofrenia del genio, regalando ogni volta un’emozione potente e sincera, con un talento che, raramente ormai, si ha la fortuna d’incontrare.

Grazie alla straordinaria Scommegna infatti, prendono corpo via via tutti i personaggi: il capocantiere, il poliziotto, il coroner, l’agente della scientifica effeminato, la giornalista, l’operaio in pensione, la madre, ognuno ha una sua caratterizzazione, nei costumi, nell’accento, nell’atteggiamento, e partecipa all’evolversi di una vicenda tragicamente umana, che scuote il cuore e porta la mente ad interrogarsi e a scavare nell’animo oscuro di una città, che è madre bastarda per i propri figli, orfani di molti sorrisi.

Il testo scritto da Colaprico e la regia sapiente della Sinigaglia si fondono insieme come due anime gemelle, dalla loro unione scaturisce questa storia noir, e come nella migliore tradizione chandleriana, essi strutturano un’intricata matassa, che si srotola man mano nella narrazione, con un ritmo che tiene gli spettatori,come ingorde spugne asciutte, avvinghiati alle poltrone, mentre in sala assistono ad un’operazione a cuore aperto, dove il sangue non manca, e quel cuore tachicardico pulsa impazzito, mentre l’organismo a cui pompa l’ossigeno ha anche il tempo di fare dell’ironia sagace, che fa prorompere il pubblico in fragorose risate.

L’atmosfera, durante tutta la rappresentazione, è densa come le coltri di nebbia che si è soliti vedere a Milano e trasuda un’ energia che sfrutta tutti corpi dei presenti per propagarsi, abbattendo una dopo l’altra tutte le barriere, che di solito si frappongono tra palco e platea.

Gli spettatori si sentono anch’essi parte integrante della città di M. e diventano i ceppi che contribuiscono ad alimentare il fuoco sacro dell’arte che divampa in sala.

Il tutto accade sotto una luce finemente costruita, che sa accarezzare e aggredire la scena mettendo in risalto personaggi e oggetti, creando quelle ombre senza le quali quella stessa luce non potrebbe essere distinta.

I cadenzati ingressi degli effetti audio, manovrati con tempistica perfetta da parte dei tecnici del mixer, non fanno altro che accrescere lo stato di grazia in cui si dipana l’intero spettacolo, insomma….

“Qui città di M.” è assimilabile ad una sinfonia visiva e sonora, eseguita da un’orchestra che si esibisce con una sincronia che potrebbe avere solo un solista con se stesso, e quando si arriva al gran finale, dove il climax è arrivato all’apice e il colpo di scena non delude, il pubblico balza in piedi e rende omaggio con un interminabile applauso e parecchie lacrime, sconvolto e felice nel riscontrare che Milano, nonostante tutto, è riuscita ad ispirare un’autentica opera d’arte.


Di: Piero Colaprico, regia di Serena Sinigaglia, con Arianna Scommegna, scene Maria Spazzi, costumi Federica Ponissi, luci Alessandro Verazzi, attrezzeria Fabio Chiesa, tecnici – Francesco Gravante e Maurizio Marchetti, organizzazione: Valentina Falorni.

 

Teatro della Cooperativa, via Privata Hermada, 820162 Milano (Lombardia), tel 02 66117228, da mercoledì 13 a domenica 18 gennaio 2010.