Una lotta contro il tempo e le tracce che inesorabilmente lascia su di noi. Tre personaggi disposti a tutto pur di tornare indietro negli anni e nelle età. Un reality cinico e senza esclusione di colpi condotto da un presentatore pronto a usare ogni mezzo per sfruttare le ossessioni dei protagonisti.
Scritto e diretto da Patrizio Belloli, “Madame Cyclette”, andato in scena nei giorni scorsi al Teatro Libero di Milano, è una satira paradossale e impietosa della nostra rincorsa all’eterna giovinezza.
Letizia pedala forsennatamente su una cyclette che fa scorrere il tempo all’indietro e rivive così gli episodi del suo passato che maggiormente hanno lasciato un segno. Fino a tornare bambina.
Lucrezia è un’attrice che rinuncia ad ogni possibilità e capacità di espressione per conquistare un volto perfettamente asettico e levigato, senza tempo.
Patrizia coltiva la sua ossessione per Moira Orfei, icona del circo, eternamente uguale a se stessa. Nella folle ambizione di incarnare lei stessa il suo mito, diventare lei, scoprirà che l’unico modo per diventare eterni è quello di entrare nell’immaginario e che l’unico modo per entrare nell’immaginario è diventare eterni.
Opera visionaria, “Madame Cyclette” è l’insieme di dodici quadri legati insieme da salti (il)logici e connessioni non sempre perfettamente digeribili, in bilico tra suggestioni felliniane e atmosfere da reality. Spiazzante e surreale metafora, racconta del rapporto malato con l’età e con il tempo, tipico dei giorni nostri, dell’orrore per la vecchiaia, dell’insensato desiderio di rimanere eternamente giovani.
In scena Matteo Barbè, Elena Cleonice Fecit, Paui Galli e Andrea Tibaldi.
Prodotto da Carolina Reaper.
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