E’ una vera e propria discesa agli inferi, quella in cui ci accompagna Corrado D’Elia con il suo “Macbeth Inferno”, una spirale onirica angosciante e inesorabile che ci trascina nella caverna  oscura dei nostri desideri, delle nostre ambizioni, delle nostre passioni. Un sabba mortale. Il ritmo alterato di un cuore in preda al panico. L’incubo da cui al più presto vorremmo svegliarci. Risucchiati in un vortice nero di lampi e di buio, di grida e di interminabili apnee, assistiamo sgomenti allo scatenarsi delle ambizioni che cancellano ogni remora, al trionfo del male sul bene, della follia sulla ragione, della morte sulla vita.

In scena figure di nero vestite rivelano di volta in volta la loro identità. Luci fredde accendono un immaginario inferno in terra. Mani che sembrano uscite dal nulla blandiscono, accarezzano, offrono e sottraggono, indicano perentorie la strada del potere e dell’assassinio, infine uccidono. Una spirale di sangue che, una volta innescata, non può più fermarsi. Svettano su tutti il Macbeth interpretato dallo stesso D’Elia, lacerato da ambizione e paura, e la Lady Macbeth di Valentina Capone, folle e superba vestale nera  del male, consacrata ad una eternità infera e senza speranza di remissione. Dopo la morte della compagna di vita e di delitto, Macbeth ci appare fragile e solo, irrevocabilmente consegnato dalla sua stessa ambizione all’incubo nero della follia, perso in un allucinato supplizio, travolto dalle stesse forze del male che ha creduto di poter governare.

In questa interessante e originale versione della tragedia shakespeariana, D’Elia sembra scegliere di mettere al centro della scena non tanto i personaggi quanto i loro incubi  e la realtà così come viene partorita, trasfigurata e distorta da menti deliranti. Esperimento riuscito. Il pubblico si lascia trascinare dall’eterna fascinazione del male e, turbato, applaude.

Fino al 26 novembre.

Gloria Bondi
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