Sarà in scena al Teatro Delfino di Milano dall’11 al 20 marzo Danny and the deep blue sea, del drammaturgo John Patrick Shanley (premio Oscar per la sceneggiatura di Stregata dalla luna e premio Pulitzer e Tony Award per Il dubbio) per la regia di John R. Pepper.

Due anime disperatamente sole s’incontrano in un bar, ferite e brutali, desiderose di amore in un Bronx ruvido e aspro. Danny and the deep blue sea è un lavoro tenero e violento che Pepper, regista italo-americano, molto attivo negli Stati Uniti, Francia e Russia, mette in scena con Laura Anzani e Leonardo Sbragia, ambientandolo in un bar del Bronx. Una “danza apache” portatrice di un messaggio universale capace di commuovere e toccare con la forza dirompente delle parole; personaggi “violenti ed usurati, inarticolati e bramosi di parlare, pericolosi e vulnerabili”. Danny, camionista e Roberta, divorziata e complessata, combattono rudemente per arrivare fino a domani. La notte li porterà a conoscersi e abbassare lentamente le difese e perdonarsi. “Un bar, un incrocio in mezzo al nulla – si legge nelle note di regia – Due anime perse che si ritrovano per dimenticare i loro dolori, dove vecchi tavolini nascondono delle sedie slivellate, dove la birra si beve in brocche e i posacenere non sono svuotati. Qui la violenza è ricorrente, nel vocabolario e nei gesti. Roberta provoca – Danny minaccia, Roberta seduce – Danny non si fida. Tutto è nel combattimento, è una danza ‘capuera’ senza tregua che deve determinare il posto di ognuno. La ragazza torturata non smette di muoversi. L’uomo, al contrario, vuole il riposo dell’immobilità. Il loro dolore urla, è palpabile: che sia qui, che sia nel Bronx o altrove, ovunque, nel mondo c’è la stessa sofferenza, solitudine e lo stesso sentimento di abbandono. Shanley scrive questo incontro atipico con uno stile ultra realista. Ci dà il sottotitolo – Una Danza Apache – per farci ricordare i duri e puri della malavita di Montmartre di Parigi anni trenta e quaranta dove regnavano i gangster alla Jean Gabin, duri ma con un cuore grande. Con la sua ostinata volontà di scrivere il quotidiano, il suo messaggio diventa universale. Qualche istante di felicità vale tutti i sacrifici. Per accedervi è il nostro cuore che bisogna aprire. Da una parte non possediamo sempre la chiave, dall’altra rinunciare al nostro mistero più intimo è un po’ come dare il bastone con cui si viene battuti. Ciò nonostante, le confessioni notturne e soprattutto quelle del giorno dopo, rafforzano e riavvicinano qui, in fondo al Bronx. In una stanza illuminata da una lampada che sembra la luna o nel profondo mare blu in cui danzano e volano le balene, abbiamo tutti diritto alla felicità e alla libertà. Il testo è crudo, violento, sensuale, ma non volgare – è un inno all’amore. Shanley ci ricorda che noi tutti abbiamo questo coraggio, questo potere di amare ed essere amati. I suoi personaggi sono bruciati vivi, innamorati, teneri e violenti. Fanno parte del nostro mondo quotidiano”.


Una danza apache di John Patrick Shanley
regia John R. Pepper
con Laura Anzani e Leonardo Sbragia
traduzione Leonardo Sbragia / adattamento Enrico Vanzina

dal 11/03 al 13/03 E dal 18/03 al 20/03 ore 21:00 (domenica solo ore 16:00) – SALA DELFINO – Milano

Gloria Bondi
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