Ida Bassignano mette in scena Malia un nuovo testo di Gianni Guardigli.
Tra vestiti come miracoli colorati la sarta Maria (interpretata da Stefania Felicioli) si incontra e si scontra con l’amica Anna (Elisabetta Piccolomini) svelandoci questa malìa come una magia in una quotidianità ottimista della provincia emiliana. Malia è seduzione subita e mai sopita per un idolo del passato, Mal dei Primitives, è anche incanto e vanto di un figlio che ammalia la folla del paese e che avvicina la sarta alla madre di Cristo per coincidenze e affinità. Malia è anche la ‘dizione cinese’ del nome della donna (Maria) pronunciato dall’immigrata asiatica che spia la sua arte sartoriale fino a replicarne perfettamente il segno e la precisione.
In realtà la vera ‘malìa’ è quella di una donna che non si arrende a tutti i rovesci che le si abbattono addosso, quelli di una vita qualsiasi che pure su di lei si accaniscono e trovano argine solo nel suo buon senso e nella sua ironia. Certo è credulona, o ingenua, come oggi non ci si potrebbe più permettere, Maria. Ma è quasi schiacciata, nonostante furbizia e carattere, dal peso della storia: tutti i fatterelli che racconta, interloquendo con Anna, un’altra figura femminile saggia e colta (forse un alter ego agli antipodi, o forse una testimone-narratrice), sono il frutto degli anni del nostro benessere, dal boom cosiddetto degli anni ’60 fino allo stallo critico di oggi, che non è solo economico e finanziario.
Tutto lascia un segno nella vita di Maria, che solo per qualche malìa, davvero, non vuole perdere la speranza. Anche solo di una qualche ‘normalità’, dentro l’ovattato calore della provincia emiliana. Che solo d’estate e nella memoria si spinge fino alla Riviera di Gabicce, dove in una notte lontana la malìa si fece magìa, con l’incontro ravvicinato con l’eroe di vinile, la visione della felicità e l’arrivo di un figlio. Ma lei non si è mai scomposta, ha continuato a tagliare e cucire abiti bellissimi, imbastendo allo stesso modo anche la sua vita modesta. In cui ogni spettatore potrà misurare e verificare la propria.
Da questo testo scritto da Gianni Guardigli (romagnolo di Forlì) emana forte l’odore e il sapore di una terra. Ma senza nessuna retorica patriottarda o secessionista, quanto invece ricchezza di un umore e di una caratterialità positivi, che può permettersi di commuovere giocando con i modelli di illusioni e consumi facili e universali.
Note di regia
Il testo racconta una quotidianità raccolta intorno ad una figura di donna semplice (una sarta emiliana), attaccata ad una sua magia mentale che la vede protagonista di un evento nebuloso del passato, a metà tra la fantasia e il sogno. Nella sua grotta-atelier Maria sopravvive a sé stessa, eterna, in un’Emilia fuori dal tempo, in compagnia della sua testimone, e forse narratrice, Anna.
Vestiti come miracoli colorati, pochi poveri oggetti, momenti misteriosi di viaggi-visioni, segni quotidiani dell’umile lavoro, balli di speranza sulla traccia di una vecchia canzone, un figlio-miracolo da offrire al mondo. L’allusione alla Vergine è innegabile, solo che il ‘Dio padre’ è, nella testa della donna, Mal dei Primitives. Ed è ad una madonna contemporanea e inconsapevole che la scrittura di Gianni Guardigli accenna con toni ironici e malinconici, ad un’esistenza umile in cui il sogno e la magia s’intrecciano alla vita di provincia.
La povertà e il miracolo, il tempo fuori dal tempo, un’immagine antica di donna immersa in una quotidianità contemporanea stralunata e incompresa, la redenzione nella sofferenza: questi sono i segnali del testo che la regia intende sottolineare, coadiuvata da due attrici eccellenti, Stefania Felicioli nella parte di Maria e Elisabetta Piccolomini in quella di Anna, la testimone-amica-pia donna.
La colloquialità del testo deve essere contrastata da immagini non realistiche, sottolineate da luci tendenzialmente espressioniste. Un tessuto musicale avvolgerà molte parti della rappresentazione mescolando volutamente classica e pop, canzonacce e temi lirici.
Degrado e purezza, caduta di valori e santità, canzonette ed echi mistici: un presente postmoderno in cui tutto si mescola e si confonde, lasciando come punti fermi solo due elementi eternamente ricorrenti: la vita e la morte.
Ida Bassignano
Fonte: Ufficio Stampa Valeria Buffoni
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