“La prima volta” di Michal Walczak sembra quasi voglia divertire il pubblico, partendo da un pretesto che accomuna tutti i giovani del mondo: la prima volta che si trovano a fare sesso. Ma Walczak sceglie semplicemente un registro linguistico giovanile e lo usa come filtro per varie convenzioni teatrali di cui si serve costruendo il dialogo.
I due protagonisti ripetono in varie scene sempre lo stesso rito: lui va a casa di lei di notte, fuori ha piovuto a catinelle e lui è tutto bagnato, lei lo invita ad entrare in casa, lui le regala dei fiori, restano imbarazzati, prima sulla porta e poi in camera, a chiacchierare del più e del meno cercando di far montare la tensione per raggiungere l’acme tanto agognato che li porti a fare sesso: questa era la sceneggiatura che lei aveva scritto e lui sottoscritto. Eppure ogni volta qualcosa non riesce, sbagliano le battute concordate oppure si perdono in un gioco a soggetto, sperimentando le varie convenzioni di dialogo fra innamorati. Mettendo a disposizione dei suoi personaggi la possibilità di mille varianti della stessa situazione Walczak drammatizza il problema della comunicazione le cui regole linguistiche e la varietà delle convenzioni che abbiamo a disposizione impediscono spesso di trasmettere la verità dei messaggi. In scena, diretti da Pietro Bontempo, Valentina Martino Ghiglia e Francesco Meoni. Al Teatro dell’orologio di Roma (Sala Grande) dal 13 al 25 aprile.
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