Una spirale di morte e violenza, la rincorsa forsennata e inesorabile del potere, l’assenza assoluta di etica, morale, coscienza. Il Riccardo III di Shakespeare non è solamente la brillante, sorprendete indagine giovanile sull’homo politicus, in un periodo particolarmente sanguinoso e corrotto dell’aristocrazia inglese. Ma è anche un viaggio tra i mostri del lato oscuro, un “incontro psichiatrico”, come lo definisce il regista Marco Carniti, che proprio con il Riccardo III ha chiuso la stagione 2011 del Silvano Toti Globe Thatre di Roma.

Diciamo subito che quella di Carniti è una messa in scena splendida, che utilizza tutti gli strumenti a disposizione del regista – dagli interpreti, tutti eccellenti, alla musica, dalle luci alle scenografie – per trascinare lo spettatore in un clima da tragedia assoluta, fuori dal tempo e anche fuori dalla realtà storica in sé. Riccardo III è un personaggio totalmente negativo, forse il più crudele tra tutti i personaggi shakespeariani. E’ spietato e disumano. Così come disumano è il suo gioco al massacro, in nome del potere, che vede cadere ad uno ad uno tutti coloro che lo circondano.  Nemici e alleati, fratelli e nipoti, colpevoli o innocenti. Con ironia e sarcasmo, gioca con il destino degli altri, come un burattinaio sadico, sempre al limite dell’umano, camminando su una lama di  coltello, in equilibrio tra la vita e la morte, in un rituale macabro da roulette russa.

<< Ed è qui che Shakespeare rivela il genio contemporaneo – spiega il regista – Costruisce un personaggio che specchia continuamente se stesso riflettendo l’immagine del marcio nascosto nell’essere umano, dietro le apparenze, e che rappresenta la deformità congenita nell’uomo. Che è di tutti, nessuno escluso. Riccardo III è un uomo che indaga continuamente su se stesso in un dialogo aperto con il pubblico con il quale gioca con l’ironia del grande mattatore divertendosi a scoprire continuamente le carte del suo progetto di sterminio e paradossalmente nessuno tenta di fermarlo. Dove il potere e l’uso della parola è assoluto, tanto da farlo essere il personaggio con più versi mai scritti per altri personaggi shakespeariani. Un uso del linguaggio che ci riporta drammaticamente a una riflessione sui meccanismi della dittatura e dei fondamentalismi e che ci riconduce facilmente alla nostra contemporaneità>>. Una menzione speciale meritano tutti gli interpreti che sono un vero punto di forza di questo allestimento. Splendidi, in particolare il Riccardo di Maurizio Donadoni, l’Elisabetta di Sandra Collodel e la Margherita di Melania Giglio. Infine, trovo particolarmente riuscita l’idea scenografica, opera dello stesso Carniti,  che ha scelto di limitare lo spazio quasi unicamente ad una lunga passerella rossa, sorretta da corde e catene come un ponte levatoio, e ad  una altissima porta dello stresso colore che aprendosi e chiudendosi scandisce il destino dei personaggi. <<Un luogo mentale di analisi – così’ lo descrive il regista –  una linea che spezza, un trampolino sulla vita, una strada a senso unico che con un movimento perpetuo, proietta Riccardo e le sue vittime dalla propria immagine riflessa a compiere il salto nel vuoto>>.

 

Gloria Bondi
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