La Storia, per una volta, raccontata dal basso. Una riflessione amara e disincantata sulla guerra, attraverso la ritirata di Russia: …il più brutto castigo che ci possa essere nella vita. “La notte che il nulla inghiottì la terra” è la piéce di Emanuele Fant e Marco Merlini, diretta da quest’ultimo e interpretata da Michele Bottini, che andrà in scena al Teatro Libero di Milano dal 19 al 25 maggio.

 

Un soldato, come un’apparizione, come un’anima insepolta e costretta a vagare, ritorna per raccontare una storia: la storia della ritirata dal Don, tragico epilogo della campagna di Russia, compiuta dall’esercito italiano tra la fine del 1942 e l’inizio del 1943, una tragedia lontana e vicina allo stesso tempo, nell’epoca delle “guerre umanitarie” e delle “bombe intelligenti”.

La narrazione prende le mosse dall’estate 1942, alla vigilia della partenza dell’Armata Italiana in Russia. L’alpino Trentini Rolando è al tempo stesso narratore e protagonista del racconto e nella sua evocazione rivivono i compagni trasportati su verso le steppe della Russia, l’entusiasmo della partenza e la fiducia nel Fascismo, il ricordo del giovane amico d’infanzia Zamboni, del tenente Benvenuti, degli affetti familiari abbandonati in un’Italia lontanissima, delle prime battaglie, della vita quasi normale nella trincea sul fiume Don, dei primi freddi e dei quaranta gradi sottozero del gelido inverno russo.

Il racconto di Trentini inizia con uno stile verboso e prolisso, anche se si rifà a un linguaggio popolare, e con il procedere della vicenda diventa sempre più asciutto e preciso, mutandosi in azione. Ripercorrendo l’eroica resistenza di uomini stremati e non equipaggiati, le battaglie disperate per guadagnare la via del ritorno a casa, la bestialità delle condizioni di vita e la profonda umanità di chi, per un calcolo militare irresponsabile, si è trovato a percorrere quasi mille chilometri a piedi nella neve, riporta sulla scena la ferita aperta di un passato ingiusto e insepolto. «Sono profondamente commosso  – affermò  Nelson Cenci, ufficiale degli alpini del Battaglione Vestone e reduce della ritirata di Russia il cui nome ricorre innumerevoli volte nel romanzo di Mario Rigoni Stern Il sergente nella neve -perché nello spettacolo ho rivissuto tutta la tragedia che ho sofferto in terra di Russia e mi ha ricordato tanti compagni che abbiamo lasciato nella neve. Attraverso le parole del protagonista – l’alpino Trentini Rolando – interpretato da Michele Bottini, ho rivissuto il viaggio in tradotta, il nostro lungo camminare nella polvere che entrava dappertutto.Ho rivissuto il 1° di settembre quando della mia compagnia di 335 uomini ne sono rimasti soltanto 36, i giorni del ripiegamento quando siamo rimasti di retroguardia sul Don. Ho rivissuto i giorni del dolore quando si partiva al mattino certi che la sera sarebbe finito tutto e alla sera si ringraziava il cielo di essere sopravvissuti. Ma non c’era domani, non importava più di vincere o di perdere. Non importava nulla, importava solo di stendersi sulla neve e attendere in questo modo la morte».

Gloria Bondi
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