La leggenda vuole che la madre, di origini livornesi, la abbia partorita su un marciapiede di Parigi, mentre il padre si ubriacava in un’osteria. Di certo la vita di Édith Giovanna Gassion, meglio nota come Edith Piaf, non fu mai facile. Malattie, incidenti, lutti le tolsero in felicità quanto il destino le aveva donato in talento e nessun trionfo artistico poté mai compensare la perdita delle persone che più aveva amato.
Nel centenario della sua nascita il Teatro Libero di Milano celebra la voce più bella di Francia con uno spettacolo a lei dedicato. Scritto e diretto da Davide Strava e interpretato da Sarah Biacchi, “Edith” è un omaggio bellissimo e struggente ad un’artista, ma prima ancora ad un essere umano, che splende ancora oggi, a più di mezzo secolo dalla sua morte, con fulgore immutato nella storia della canzone del ‘900.
Sarah Biacchi la rievoca così come ce la ricordiamo nelle ultime apparizioni: infagottata in un vestito nero, curva, le mani deformate, l’aspetto dimesso di sempre … ma una voce che avrebbe spaccato anche il cuore più insensibile. L’ugola “di un passerotto insanguinato”. Un timbro forte, aspro, a tratti strafottente, aggressivo e poi improvvisamente dolcissimo e appassionato. Cantava “Hymne a l’Amour”, in memoria del suo grande amore, Marcel Cerdan, il pugile francese più famoso degli Stati Uniti. Lui, che aveva moglie e figli, morì in un incidente aereo mentre volava da lei. Edith non se lo perdonò mai.
E poi, in una narrazione accorata e mai didascalica, Edith rievoca l’infanzia trascorsa nel bordello gestito dalla nonna paterna, gli anni in strada e nei circhi al seguito del padre contorsionista. Le prime esibizioni, nelle piazze, nei cortili, per racimolare qualche spicciolo. L’incontro con il suo mentore e amante Raymond Asso, autore e paroliere.
Sarah Biacchi è interprete di temperamento. La sua Edith è un diamante grezzo: racconta senza filtri, è costantemente sopra le righe. Ma la voce è bellissima e ci rapisce sulle note di alcune delle sue canzoni più note: Padam…Padam … Milord, No je ne regrette rien, Mon Dieu, La vie en rose. Parole e melodie intramontabili, destinate ad ispirare una intera generazione, quella degli intellettuali della rive gauche: Juliette Greco, Roger Vadin, Boris Vian.
Fino al 21 dicembre.
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