In scena al Teatro Lo spazio dal 23 al 28 aprile TORNA FRA NOVE MESI Di Maria Evelina Buffa. Il dolore estremo. La società che pretende, l’istinto che reclama.

Due donne cercano di sopravvivere, ognuna come può e con gli strumenti che conosce.

Gravidanza, travaglio del parto. E travaglio del lutto, un concetto astratto quando si perde un figlio. Si immagina per un genitore, un parente, un amico, eventualmente si può concepire per un animale, una casa o la fine di un amore. Lutti, questi, per i quali è consigliabile affrontare un percorso, e, senza dimenticare, quietarsi e addomesticare la sofferenza.

Per un figlio la prospettiva cambia e il percorso di lutto è una bestia diversa, subdola e al tempo stesso feroce. Che non ti lascia tregua. Che ti segue come un’ombra soffocante, finché hai respiro. C’è chi pensa di potercela fare, o chi non ci prova nemmeno. Poi c’è chi tenta di vivere, un po’ a casaccio, senza grandi pretese, non conformandosi più alle regole di una società impreparata e spesso ostile, oppure chi fa uscire dai dettami semplicemente quella parte sopravvissuta alle macerie, con una sana ma rassegnata e forse istintiva curiosità.

Due donne, (o forse è una?) cercano di riemergere, di restare a galla, chiuse in ermetici scafandri o aggrappate a fragili boe, circondate da un mondo che non può capirle, né tanto meno seguirle nel loro faticoso arrancare all’inseguimento di uno scampolo di vita. In un grottesco conflitto interiore lanciano uno sguardo tragicomico verso un mondo dal quale si sentono escluse, estraniate. Irrimediabilmente. O forse no.

 FONTE: Comunicazione Valeria Buffoni

Stefano Polidori
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