In un futuro non troppo lontano la crisi economica – che invece di finire si è aggravata – ha trasformato l’Europa in un continente di emigranti. I cittadini europei, alla ricerca di un lavoro e di un futuro migliore, cercano di raggiungere i paesi più “ricchi”, ma devono farlo clandestinamente perché questi paesi nel frattempo hanno chiuso le frontiere.
Fra i tanti mezzi per espatriare illegalmente uno dei più diffusi è il container: i clandestini salgono a bordo, pagano mille dollari alla partenza e mille all’arrivo, senza sapere dove verranno scaricati. Un viaggio che è allo stesso tempo miraggio e incubo.
“Scusate se non siamo morti in mare”è il testodi Emanuele Aldrovandiche sarà in scena dal 22 febbraio, in prima nazionale, al Teatro della Cooperativa di Milano per la regia di Pablo Solari.
Il testo – finalista al Premio Tondelli – narra la storia di quattro personaggi che vengono identificati solo dalle loro caratteristiche fisiche: tre migranti, il Robusto, la Bella e l’Alto e poi il Morbido, che è il proprietario del container. Il testo è diviso in quattro parti. La prima è al porto in attesa della partenza, la seconda è il viaggio per mare dentro il container, la terza è in mezzo al mare dopo il naufragio dell’imbarcazione su cui viaggiavano e la quarta è un epilogo quasi onirico, forse un’allucinazione: l’arrivo delle balene.
“Scusate se non siamo morti in mare” è una parabola eloquente sul fenomeno contemporaneo delle migrazioni – scrive il regista Pablo Solari – Davanti al catastrofico numero di morti che con cadenza quotidiana vengono cronachisticamente raccontati dai telegiornali, il sentimento più diffuso è un comune senso di smarrimento e lontananza, un’impossibilità di comprendere sino in fondo l’entità del fenomeno migratorio, le sofferenze e le disgrazie da esso provocate.La società sistematica in cui viviamo ci ha abituato a questo senso di “indifferente consapevolezza”, ma cosa succederebbe se da un momento all’altro fossimo noi i migranti? I protagonisti di questa tragedia dalle connotazioni ancestrali?Il teatro vuole dare delle risposte, “Scusate se non siamo morti in mare” è una di queste. Una storia di speranze e disgrazie, di conflitti e umanità, dove il pubblico si trova trasportato attraverso un coinvolgente viaggio dal sapore realistico che si trasformerà prima in un incubo (il naufragio, la fame, la morte) e poi in una rivelazione mistica (le balene). “L’essere umano è l’animale nomade per eccellenza, le attuali razze sono il frutto di miscugli millenari, nel sangue italiano scorre tanto dna africano quanto indoeuropeo. Accettare la migrazione come fenomeno naturale necessario è il primo passo per rivendicare con orgoglio il nostro essere umani” .
Partendo dal presente e immaginando un possibile futuro, uno spettacolo per interrogarsi con ironia e sulla migrazione, sia come fenomeno politico che come evento naturale. Fino al 28 febbraio.
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