Il ricco possidente siciliano Cola Duscio va a Roma per operarsi d’appendicite, “abbandonando” la propria famiglia: il cognato Lucino, i due nipoti, e – soprattutto – la terribile sorella Marastella. Nella Capitale, però, il nostro eroe fa l’incontro della vita: la fascinosa, ammaliante “subrettina” Milla Milord, sedicente figlia di un ufficiale e di una baronessa. Sarà lei ad introdurre il povero Cola alle stravaganze di una presunta emancipazione sociale e morale. Nuovi usi, nuovissimi comportamenti, ma vecchi sospetti e vecchissime gelosie. In Sicilia, Cola scoprirà lati, segreti, comportamenti (di sé e degli altri) che lo cambieranno irrimediabilmente……
Una nuovissima, brillante, comica edizione di un classico immortale della commedia italiana. Lo spaccato di un paese che ripete all’infinito i suoi stereotipi preferiti; il provincialismo, il modernismo ad ogni costo, l’esterofilia. Nonché un immancabile complesso d’inferiorità neppure troppo latente. Una pirotecnica proposta di spettacolo nel segno della qualità teatrale e del divertimento, affidata alla verve di due autentici purosangue: Patrizia Pellegrino ed Enrico Guarneri. Affiancati da uno sforzo produttivo che comprende belle invenzioni scenografiche, costumi di grande presa visiva, musiche, che rimandano ai trascorsi del Gran Varietà e della Rivista e – soprattutto- da una eccellente, quanto numerosa compagnia.
L’ARIA DEL CONTINENTE ED UN “CONTINENTE” FATTO D’ARIA.
Rappresentata per la prima volta nel 1910, al Teatro Argentina di Roma, “L’Aria del Continente” è la fonte di un vastissimo universo non solo teatrale, ma anche letterario, ideologico e persino iconografico. Da essa discendono le considerazioni di Brancati, di Patti; le pagine di Sciascia e di Camilleri : il sempiterno complesso di inferiorità dei siciliani nei confronti dei “continentali”, i mille luoghi comuni del vissuto popolare, la placida, indolente accettazione di una civiltà “altra” in perpetua contrapposizione alla “nostra”. Ma – contemporaneamente (e paradossalmente) – pure uno smisurato orgoglio, un frainteso senso di appartenenza ad un buonsenso, robusto quanto salvifico.
Ecco, dunque, il “Continente”, ritratto – più che come un luogo geografico – come una condizione dello spirito.
E – va da sé – come luogo di un umorismo, di una ironia, di una comicità assurda e paradossale che va dagli eroi tratteggiati da Musco per Pirandello e Martoglio, fino al Montalbano televisivo.
Figure, figurine, personaggi schizzati, abbozzati; oppure completi, complessi, variegati che danno un senso ed un orientamento, non solo ai difetti degli isolani, ma anche alle pulsioni più profonde degli italiani in genere.
Inutile dire che gli italiani (tutti) guardiamo sempre ad un Continente vagheggiato e sognato, quale meta ultima di uno “spleen”, di una nostalgia, di uno struggersi ed illanguidirsi. E’ il nostro tratto costante. Anche oggi. Anche nel nostro presente. La mania degli “anglismi”; le vacanze esotiche in posti remoti ( ma poi rigorosamente trascorse nei “resorts” italiani ).
Un rapporto con il “luogo altro”, che – invece di arricchire – per converso, impoverisce.
Martoglio scriveva per un pubblico medio e alto-borghese, naturalmente perbenista e conservatore: per ingraziarselo ricorre all’arma sicura del populismo e del moralismo. Sono le ragioni della “cassa”. Ma tuttavia si intuisce sotto come un fondo di rimpianto. Un non detto che ci costringe a tifare per Cola Duscio persino quando il baratro del ridicolo s’è spalancato sotto i suoi piedi. La Sicilia alla quale torna a fine vicenda ci appare così com’è : claustrofobica, miserabile, sessista. Arretrata, appunto. E forse era meglio starsene a Roma.
Non una tragedia, dunque, ma il piccolo dramma di un uomo ridicolo. Con la differenza che il nostro Eroe – sospettiamo – ha sempre saputo di esserlo. O, quanto meno, intuito.
Da queste considerazioni inizia il nostro viaggio di riscrittura.
Non più la semplice storia di Cola e degli altri (“tutti” gli altri) che lo circondano.
Non solo la dinamica teatrale del protagonista in conflitto con la sua schizofrenica doppiezza : continentale da un lato, siciliano dall’altro. Permissivo ed autoritario, comprensivo ma geloso.
Ora è anche la storia di Cola e Milla : la storia, in fondo, di due solitudini. Di due maschere. Di due espressioni del ridicolo in quanto tale. Non per ragioni geografiche, o sociali, o censitarie. Ma perché il ridicolo è – in fondo – nel vivere stesso. Nelle sue convenzioni. Nelle sue assurde pretese.
E’ Pirandello (complice dell’originale stesura martogliana, ricordiamolo) che riaffiora nel suo complessivo sguardo d’insieme.
La nostra Milla è la magnetica Patrizia Pellegrino, che della vita della “soubrette” conosce storia e retroterra; perciò dà vita ad un personaggio nuovissimo : brillante, arguto, malizioso, sexy, ma sempre “vero”.
Un’attrice brava, delicata e bella : una “cialtrona” simpatica della quale è facilissimo innamorarsi.
Cola Duscio è affidato alla straordinaria bravura di Enrico Guarneri; bravura che ci spinge a questo tentativo di progetto drammaturgico : comico ma delicato.
Ecco: la storia di “loro due”. Una vicenda completa e modernissima, che ci aiuti a ridisegnare le promesse non mantenute della vita : la giovinezza perduta sempre troppo presto, l’amore che si è sognato da bambini. La felicità che non risiede né nelle cose, neppure nei luoghi, ma solo in altri esseri umani.
ANTONELLO CAPODICI
Teatro alMassimo Stabile di Palermo Diretto da Aldo Morgante presenta Al Teatro Manzoni dal 25 gennaio al 20 febbraio 2011 Patrizia Pellegrino, Enrico Guarneri in L’aria del continente Il capolavoro comico di Nino Martoglio
con Vincenzo Volo, Cosimo Coltraro, Carmelo Di Salvo, Rosario Marco Amato, Mirella Petralia, Nadia De Luca, Mario Sapienza, Amalia Contarini, Pietro Barbaro, Gianni Fontanarosa, Ciccio AbelScene Salvo Manciagli Costumi Carmen Ragonese e Riccardo Cappello Audio e luci Moonlight di Riccardo Nicoloso
Regia Antonello Capodici
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