Arriva al Teatro Vittoria, scritto e diretto da Roberto Cavallo “Karen Blixen a pranzo da Babette”. Babette è costretta a fuggire da Parigi dopo i giorni della Comune. Si rifugia in un piccolo villaggio dove si offre come governante a due non più giovani sorelle figlie di un pastore protestante. Dopo qualche anno vince una grossa somma ad una lotteria. Tutta la comunità è convinta che Babette ormai ricca se ne tornerà alla sua Parigi, invece, inaspettatamente, decide di spendere tutto per un pranzo in onore del defunto reverendo. Le due sorelle, abituate a una vita semplice e puritana, faticano ad accettare l’idea del pranzo, ne hanno paura. Ma per loro, così come pure per gli altri invitati, il pranzo si trasformerà in un’esperienza unica.

 I piatti cucinati con raffinatezza da Babette, i vini, le tovaglie di lino, le spezie, rompono il riserbo e l’educazione rigorosa che da sempre ha impedito loro di cogliere il gusto della vita. I ricordi passati riaffiorano e con essi le emozioni represse da regole e moralismi, gli amori non colti, le passioni trascurate. Dopo tanti anni le catene si spezzano, una nuova vita è possibile.  Alla fine del pranzo i convitati se ne vanno per la prima volta felici. Sentono di aver preso parte ad un’esperienza mistica. Finalmente l’infinita grandezza di Dio si è rivelata. Karen Blixen è una di quelle scrittrici che si ama definire “di culto” ma che non può essere di certo considerata “di nicchia”, vasta la sua notorietà benedetta dalla gloria di due Oscar cinematografici. Infaticabile viaggiatrice con tendenza spiccata verso l’avventura, romantica, fedele all’etica dei valori umani e sempre curiosa nei confronti delle bislacche invenzioni del destino, la scrittrice danese fa pensare ad una sorta di Hemingway in gonnella (ma anche in divisa d’ordinanza per safari africani), mentre la sua propensione verso gli pseudonimi rimanda al gusto singolare di Pessoa per gli eteronimi. Karen Blixen popola il novecento di racconti gotici, di narrazioni non di rado autobiografiche, di novelle di squisita fattura, apprezzate e metabolizzate da Truman Capote e dallo stesso Hemingway, per non citare che due dei suoi numerosi ammiratori. La sua scrittura densa, ricca di azioni e di fatti più che di notazioni extra-tematiche, non è passata inosservata dalle parti del cinema, come si è detto: ed ecco le trascrizioni filmiche di Sidney Pollack  (“La mia Africa”) de di Gabriel Axel (“Il pranzo di Babette). In scena:  Claudia Balboni, Lydia Biondi, Nicola d’Eramo, Cristina Noci, Alessio Caruso, Giulia Adami, Francesca De Berardis, Daniele Grassetti. Fino al 16 maggio.

 

 

Gloria Bondi
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