È la mattina del 29 maggio 1962. Mancano poche ore alla sontuosa festa organizzata al Madison Square Garden di New York per il compleanno dell’uomo più potente d’America, John Fitzgerald Kennedy, presidente degli Stati Uniti. Per lui gli organizzatori hanno in serbo una sorpresa: ad augurargli buon compleanno cantando “Happy Birthday” sarà la star più acclamata del momento, la divina Marilyn Monroe. Un elicottero è pronto al decollo per far sì che l’ospite giunga in tempo alla festa. Un’ora è sufficiente a ripercorrere un’intera esistenza, fatta di delusioni, di sfide, di conquiste e di fallimenti.

“Happy Birthday Mr. President” è il testo scritto e deiretto da Serena Nardi che lo interpreta al Teatro Libero di Milano assieme a Sarah Collu. Una vita complessa, come lo è la personalità di Marylin: icona di femminilità e personaggio di successo di fronte al pubblico, donna fragile e segnata dagli abbandoni e dalle dure prove della vita affrontate sin dall’infanzia nel suo privato.

 “Cosa succede nella mente di una ragazza che ha capito di essere nata con qualche chance in meno rispetto agli altri e che programma la sua vita in modo tale da poter risalire la china in tutti i modi possibili per potersi ritenere adeguata al mondo? – si chiede l’autrice, registra e co-interprete Serena Nardi – Succede che quella ragazza si costruisce addosso il personaggio di una donna appariscente, scintillante, vincente. Che quella ragazza fa di sé stessa il più grande sex symbol di tutti i tempi. Che diventa quello che tutti vorrebbero che fosse. Succede che quella ragazza si dimentica di sé. Che uccide la sua anima mentre vorrebbe solo trovare il modo di salvarla”.

L’intento dello spettacolo è esplicitare questa dualità attraverso un confronto immaginario ma reale e serrato sulla scena fra Marilyn Monroe, la diva più desiderata di Hollywood, e Norma Jean Baker, cresciuta senza conoscere mai il padre con l’infanzia trascorsa in orfanotrofio e in adozione a diverse famiglie dopo il ricovero della madre Gladys in ospedale psichiatrico.

Capelli castani lunghi e aspetto da ragazza di provincia, Norma Jean crede assolutamente che il suo riscatto passi attraverso il successo a tutti i costi, mentre la bionda Marilyn, eterea e fragile, si è resa conto di come l’esteriorità e il successo non possano colmare il vuoto di affetti nascosto sotto il trucco impeccabile, e anzi contribuiscano ad acuirlo.

“Trentacinque anni vissuti con un corpo estraneo trentacinque anni con i capelli tinti trentacinque anni con un fantoccio. Ma io non sono Marylin io sono Norma Jean Baker perché la mia anima vi fa orrore come gli occhi delle rane sull’orlo dei fossi?”,  scriveva Marilyn/Norma Jean.

Nella camera da letto di Marilyn si consuma il conflitto tra le sue due anime, incarnate dalle due attrici in scena, impegnate a rimbalzarsi l’un l’altra errori, difetti, sconfitte, speranze, debolezze e rimpianti di una vita intera, divisa a metà.

Al centro un grande letto bianco che sembra una culla, una zattera ma che in realtà è un’isola che ha tanto l’aspetto di una gabbia. E che  si trasforma in un ring, in uno specchio attraverso il quale le due anime si guardano e si combattono, e , infine, diventa una bara.

Disseminati tutti intorno, a rendere disordinata la scena, molti oggetti, anch’essi bianchi e due postazioni ai poli opposti, nere e lapidarie, un inginocchiatoio e un tavolo da trucco.

Una donna, due anime, due colori estremi, opposti: il nero rappresenta la concentrazione di tutti i colori, il bianco è l’assenza assoluta di colore.

Queste due dimensioni convivono e configgono dentro di lei e si espandono nello spazio scenico e tra il pubblico.

Le poesie autografe di Marilyn Monroe (e di Norma Jean) si integrano alla scrittura scenica di Serena Nardi, in un dialogo che si articola dall’inizio alla fine della rappresentazione.

Fino all’8 ottobre.

Gloria Bondi
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