Un uomo e una donna, nell’età di mezzo. Una comune passione per la boxe. Lei ex campionessa. Lui dilettante di lungo corso, senza talento. Entrambi soli e segnati dai rispettivi fallimenti. Ma sorretti da una viscerale voglia di combattere, ogni giorno, per sentirsi vivi. Questa è la storia del loro incontro.
Qui non si racconta una vicenda di boxe eroica e proletaria – con tanto di riscatto sociale, ascesa e caduta dell’eroe o dell’eroina protagonista. Né si vuole rappresentare o imitare con mezzi teatrali il pugilato. Certo, per le due figure che porteremo in scena quella disciplina sportiva è importante. Grazie alla boxe si trovano, si piacciono e dispiacciono, cercano insieme una via d’uscita da annosi vicoli ciechi. Ma si tratta di due non-eroi piccolo-borghesi, di quarant’anni e passa, immersi in quotidiani problemi di sopravvivenza in una grande città del Nord.
Ai nostri personaggi – e anche a noi – non interessa il tema del pugilato come veicolo di violenza, o viceversa pratica di contenimento, o di sublimazione poetica della violenza. Paradossalmente, è nelle sue regole, nonché nell’obbligo di costante presenza a se stessi, nel corpo, che risiede il suo fascino, a contrasto con un mondo fuori dal ring in cui i conflitti appaiono sempre più immateriali, sregolati, affidati a nessun arbitro. Ma Combattenti è anche e soprattutto una storia d’odio-amore per nulla romantica tra un uomo e una donna lontani dai ruoli convenzionali, irrequieti esemplari di quell’età matura che ancora non si arrende all’evidenza delle delusioni.
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