Giornata intensa quella di giovedì 21, per il Premio Tenco. Nel pomeriggio presentazione del “Fausto Amodei canta Georges Brassens”. Si tratta di una raccolta di ventitré canzoni tradotte in italiano e piemontese e che coprono un arco temporale piuttosto ampio. Le canzoni non erano mai state raccolte in un singolo album. Valter Colle, con le sue edizioni “Nota”, ha avuto il grande merito di colmare questa lacuna. Le traduzioni di Amodei sono ammirevoli perché il cantautore piemontese è riuscito a mantenere intatta la metrica originale, senza forzature di sorta.

Il cd è impreziosito da un saggio di Mirella Conenna che analizza l’opera di Amodei e cita qualche divertente aneddoto: “È grazie a Brassens, che Amodei è diventato cantautore: “Altrimenti avrei fatto solo l’architetto”, dichiara. Si deve quindi a Brassens se la canzone italiana ha trovato uno dei suoi grandi interpreti, se sono nate magnifiche canzoni. Questo album è un giusto omaggio, attraverso la magia della traduzione, ai due cantautori.” (Mirella Conenna).

Interessante il dibattito seguente, condotto Francesco Paracchini, Paolo Talanca e Marinella Venegoni, sul significato del titolo “Una canzone senza aggettivi” che si è dato alla manifestazione di quest’anno.  L’intento era quello di comprendere nel Premio anche le canzoni “non d’autore” (per portare al Tenco anche canzoni di altro genere) ma, a pensarci bene il titolo può avere un significato diametralmente opposto a quello che si voleva ottenere. Si pensi a una raccolta di canzoni di Brassens dal titolo “Le più belle canzoni di Brassens”. E’ un titolo sbagliato, direi inammissibile perché non esistono canzoni più o meno belle di Brassens. Esiste un repertorio e ciascuna canzone, anche la più breve, contribuisce a fare di Brassens il poeta che è. Davanti all’opera dei grandi artisti (siano pittori, musicisti o altro), non si possono usare aggettivi. Si può amare un opera anziché un altra ma si tratta di preferenze del tutto personali. “Bella” e “brutta” si possono usare solo per le canzoni che durano una stagione e non lasciano dietro di se il ricordo di chi le ha scritte. 

Nel pomeriggio, appuntamento nella chiesa di Santa Brigida, dove Carlo Pestelli, alla presenza di Fausto Amodei, ha interpretato le sue traduzioni in italiano e francese di Brassens. E’ stato uno spettacolo emozionante perché Pestelli ha arricchito, le già pregevoli traduzioni di Amodei, interpretandole magnificamente.

Degna conclusione di giornata poi all’Ariston dove sono state consegnate  le Targhe Tenco a Samuele Beresani,  Madame, Peppe Voltarelli, Fratelli Mancuso, e agli autori Enrico Botta e Dario Faini che, con Francesca Calearo (vero nome di Madame) hanno scritto «Voce» e il progetto «Ad esempio a noi piace Rino».

Assolutamente da sottolineare l’esibizione di Peppe Voltarelli che ha raggiunto il vertice con “Els Mariner” interpretata assieme a una magnifica Rusò Sala.

 

  

 

Antonello Lotronto
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