Pirandello è uno dei pochi italiani, dopo la stagione aurea cha va da Dante, a Petrarca e a Boccaccio, la cui opera abbia avuto una risonanza internazionale. L’universalità di Pirandello che riesce a rendere dramma di tutti la follia apparente di un Belluca (il protagonista della novella “Il treno ha fischiato”) o il gelido teorema dei suoi ragionatori e a far sì che al termine delle sue opere venga spontaneo dire “ha ragione”. E’
così. Insomma Pirandello, un classico che affascina sempre. Messo in scena in innumerevoli versioni è approdato al Palladium di Roma nella versione dal titolo Centomila, uno, nessuno, portata in scena da un sempreverde Pambieri guidato dal testo coinvolgente e intarsiato di citazioni e brani pirandelliani di Giuseppe Argirò. Da un verso tale breve descrizione potrebbe far pensare a un indulgere al didascalico essendo un viaggio attraverso testi più o meno riconoscibili dell’autore agrigentino, risulta invece una spinta a conoscere meglio l’opera di un autore che ingiustamente e in maniera frettolosa viene definito cerebrale, quasi ad escludere il margine emotivo che le sue commedie, le sue novelle e i suoi romanzi suscitano: Mattia Pascal; Uno, nessuno, centomila; Serafino Gubbio; Così è se vi pare; Sei personaggi in cerca d’autore; Il berretto a sonagli per citare i più noti passaggi frequentati da Pambieri. Anche le lettere e passaggi autobiografici costituiscono il terreno sul quale l’attore varesino costruisce la sua prova interpretativa, con una passione che trasmette alla platea per intero, platea che è coinvolta ed emozionata al termine del viaggio biografico e artistico di Luigi, anzi, per dirla con lo scrittore stesso, del suo involontario soggiorno sulla Terra.
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